Il mulino, la salita e le virtù - di Vittorio Camacci
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In una bella e luminosa mattina di maggio, il profumo dell’erba fresca si è mescolato all’eco lontana dell’acqua che scorreva. Il vecchio mulino Guerrieri, a Villa Tordinia, è stato il punto di partenza della camminata organizzata dal Festival culturale dei borghi rurali della Laga. Sotto le fronde ancora giovani dei pioppi, decine di partecipanti si sono radunati, ognuno con la sua storia, i suoi passi, il suo zaino. Un caffè caldo, un dolce squisito ed un cappello contadino di paglia regali graditi.
Il mulino, ormai trasformato in civile abitazione, conserva però l’anima delle pietre antiche e della farina macinata ad acqua. Qualcuno racconta che nei giorni di vento si sente ancora il cigolio della ruota, altri giurano di aver visto le ombre dei mugnai al tramonto. Ma non c’era tempo per le leggende: una lunga salita ci attendeva.
Il sentiero che portava a Rocciano era una lama di terra stretta, ripida, che si inarcava tra ginestre in fiore e ulivi secolari. Ogni tornante rivelava un tratto di valle sempre più ampio, come un sipario che si apre piano. Il fiato si faceva corto, i passi lenti, ma la bellezza della Laga e del maestoso Gran Sasso, in lontananza, erano un balsamo silenzioso che curava la stanchezza.
Quando infine è comparso Rocciano, sembrava un presepe vivo aggrappato alla montagna. Le case antiche, il palazzo signorile degli Spinozzi, la chiesetta inagibile di Santa Lucia con il campanile a vela, le donne affacciate alle finestre. Ma la vera sorpresa è stata l’accoglienza: il paese intero ci aspettava, sorridente, generoso, con una colazione degna dei pellegrini. Crostate fatte in casa, dolci locali, biscotti e bibite. Ogni morso era una stretta di mano, ogni sorso un abbraccio.
Dopo il ristoro, il cammino è ripreso verso la masseria Scipioni, poco oltre il borgo. Lì ci attendeva il piatto simbolo di maggio: le virtù. Una sinfonia di sapori e pazienza, un piatto che non si improvvisa, ma che si costruisce con giorni di preparazione. Legumi secchi e freschi, verdure dell’orto, pasta fatta in casa, qualche tocco segreto di erbe che ogni famiglia si tramanda. Mentre mangiavamo all’ombra del portico, si parlava piano, come si fa quando si è sazi nel corpo e nell’anima.
Ma la giornata non era ancora finita. Tra i partecipanti si è fatta largo una voce: “C’è Roppoppò!”. Un uomo con l'organetto in spalla e un sorriso storto: Franco Palumbo, in arte Roppoppò, ha preso fiato e cominciato a cantare. Prima a cappella la canzone delle Virtù, un trattato di gastronomia in versi. Tutto ciò non è bastato agli astanti. Istigato dai numerosi fans, successivamente, ha eseguito un valzer, dei canti popolari, infine la sua vecchia canzone che ha acceso i piedi e i cuori. Nessuno se lo aspettava e forse proprio per questo è stato indimenticabile. Si è ballato, si è riso, qualcuno si è commosso. Siamo scesi a ritroso incontrando un enorme suv coperto dai rovi e dalle canne, mi hanno detto che è rimasto immemore in quella posizione, come ricordo furtivo di una lite d'amore.
Sul finire del giorno, guardando dall’alto la valle del Tordino, un signore di Pescara ha detto:
“Questa non è solo una camminata. È una memoria che cammina.”
Forse aveva ragione o forse aveva bevuto troppo vino.
Vittorio Camacci
La rete e la sirena - di Vittorio Camacci
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Il cielo si era fatto lattiginoso quel giorno, quando Eric lasciò la valle stretta per tornare a salire. Le pietre lungo la strada sembravano osservarlo, mute testimoni di un tempo che non si decideva a passare. Ogni passo portava il peso di chilometri e di silenzi, eppure l’andatura era quella di chi cerca, non solo di chi cammina.
La mappa tracciata nel cuore lo portava verso una piccola cappella incastrata in un tornante, quasi timida nella sua posizione. Non era segnalata, non appariva sulle guide. Ma lì, in quel punto sperduto dell’Appennino centrale, qualcosa vibrava.
Sulla facciata, un timpano scolpito lo fece fermare. Il Cristo era rappresentato con un gesto inconsueto: non benediva, non soffriva, ma sollevava una rete piena di pesci. In quella rete, Eric scorse qualcosa che solo chi ha camminato abbastanza lungo la linea può riconoscere: la forma bifida, la doppia coda della sirena, simbolo antichissimo di unione tra mondi.
Il segno non era nuovo per Eric, lo aveva visto inciso con decisione sull' Abbazia di San Pietro di Moissac lungo la via Podiensis nell' Occitania. In alto, tra le colonne istoriate, una sirena doppia apriva le sue code come in un libro, una soglia tra mondi. Vicino sotto una croce patente, un Cavaliere Templare con il capo rivolto verso est, come se ascoltasse ancora il richiamo di qualcosa che si muove lungo le linee invisibili della terra
Si avvicinò e si inginocchiò, come si fa davanti a un mistero. Tolse lo zaino, estrasse la sua antenna, strumento da rabdomante moderno, da cercatore di vene invisibili. Il segnale era chiaro: due correnti si incrociavano lì, una proveniva da sud-est, l’altra da nord-ovest. Il corpo del drago vibrava sotto i suoi piedi.
Fu allora che comparve un gruppo di persone, guidate da un uomo che parlava con la voce pacata di chi conosce il peso delle storie. Si fermarono accanto a lui. L’uomo lo guardò e sorrise.
“Tu sei Eric,” disse. “Tu cammini sulla Spada di San Michele. E questa è Trisungo, uno dei suoi nodi.”
Eric lo guardò, stupito. Non era la prima volta che un incontro casuale rivelava una conoscenza condivisa, ma mai così netta, così precisa.
“Sono Vittorio,” disse l’uomo. “Ho scritto della linea. So che passa di qui. E so anche che chi la percorre… non è mai solo.”
Qualcuno del gruppo notò la strana antenna. Eric la mostrò, ne spiegò l’uso. Si fece silenzio. Poi sorrisi, scambi, domande. Una comunità improvvisa, nata tra le rovine e le forze sottili.
Parlarono della rete e dei 153 pesci. Vittorio spiegò: “È un numero pieno. Non casuale. È il simbolo della totalità degli esseri. Alcuni dicono che rappresenti le nazioni del mondo, altri parlano di anime pronte alla rinascita. Ma per noi, qui, in mezzo alle pietre cadute, significa una cosa sola: che nulla va perduto se è preso nella rete giusta.”
Eric annuì. Non serviva dire di più. Lì, tra un Cristo pescatore e una sirena bifida, avevano trovato un segno. Un allineamento. Una piccola verità.
Quando si separarono, il gruppo proseguì verso la chiesa distrutta. Eric restò ancora un momento. Sentì il vento sollevarsi, portare con sé un suono sottile. Forse una sirena cantava, forse era solo la valle che si stringeva nel suo respiro.
Riprese il cammino. Ma ora, sulla schiena del drago, non era più solo un pellegrino. Era guardiano di un frammento, uno dei 153, alle sue spalle il vento fece vibrare le erbacce. In quel momento, Vittorio e la sua terra non erano più abbandonati, erano un punto vivo sulla "schiena del drago" , un lembo di mappa tra la terra ed il cielo
Vittorio Camacci
"Caccia all’Affare"
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Sabato 3 maggio 2025 torna l'appuntamento con "Caccia all’Affare", il mercatino dell’usato, del vintage e del piccolo artigianato che da anni anima il territorio con proposte originali, curiose e sostenibili.
L’evento si svolgerà, come sempre, presso il Centro Arca di Porto d’Ascoli, in via Pasubio, con orario continuato dalle 9:00 alle 19:00 e ingresso libero.
Questa sarà l’ultima edizione della stagione e si presenterà in formato ridotto, ma non mancheranno le occasioni per scovare pezzi unici, oggetti da collezione, articoli vintage, curiosità e idee regalo a prezzi convenienti.
“Caccia all’Affare” è da sempre un’occasione di incontro per appassionati, collezionisti e curiosi, in un contesto accessibile e familiare. Un'iniziativa che promuove il riuso e la creatività, valorizzando la cultura del recupero e del riciclo in chiave moderna.
L’appuntamento è quindi per sabato 3 maggio: un’ultima opportunità per tutti gli amanti del genere di concludere la stagione facendo... un vero affare!
???? Centro Arca, via Pasubio – Porto d’Ascoli
???? Orario: dalle 9:00 alle 19:00
????️ Ingresso gratuito
???? Ultima edizione della stagione
Brandozzi Antonio & Co. snc
Via della Bonifica, 1- 63100 Ascoli Piceno
tel. 0736.256956 - mob 393.9862023
http://www.mercatiniantiquari.com
Torna “L’Antico e le Palme”
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Torna “L’Antico e le Palme”: il mercatino dell’antiquariato che celebra la storia, la cultura e la sostenibilità
Sabato 26 e domenica 27 aprile, dalle ore 9 alle 19, l’isola pedonale di San Benedetto del Tronto – lungo viale Buozzi e nella splendida cornice della Rotonda Giorgini – ospiterà una nuova edizione de “L’Antico e le Palme”, il mercatino dell’antiquariato che da oltre trent’anni è un appuntamento fisso per appassionati, collezionisti e curiosi provenienti da tutta Italia.
Oltre 100 espositori specializzati in antiquariato, modernariato, vintage e collezionismo trasformeranno il cuore della città in un suggestivo viaggio nel tempo, tra mobili d’epoca, ceramiche, oggetti rari, vinili, abbigliamento d’antan e tanto altro.
Più che un semplice evento commerciale, “L’Antico e le Palme” è un vero e proprio laboratorio culturale a cielo aperto, dove il passato si fonde con il presente e le tradizioni locali tornano protagoniste. In un’epoca in cui la sostenibilità è sempre più centrale, acquistare oggetti vintage significa anche compiere una scelta responsabile: secondo dati nazionali, nel 2024 il mercato del vintage in Italia ha registrato una crescita del 15%, con oltre il 50% degli italiani che dichiara di preferire beni second-hand per ragioni etiche e ambientali.
In segno di rispetto per il lutto nazionale proclamato sabato 26 aprile per la scomparsa del Santo Padre, l’organizzazione ha previsto un momento di raccoglimento e silenzio, sottolineando l’importanza dei valori condivisi anche in contesti di festa.
Vi aspettiamo a San Benedetto del Tronto per riscoprire insieme la bellezza del passato e costruire, attraverso gesti consapevoli, un futuro più sostenibile.
Prossime edizioni: 27 28 29 giugno | 22 23 24 agosto
Organizzazione Mostre d'Arte e Antiquariato
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