Ascolinscena - serata finale
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SERATA FINALE DI ASCOLINSCENA:
CONCORSO AVIS IN CORTO e PREMIAZIONE
Sabato 9 marzo 2024 alle ore 21:00 al PalaFolli teatro di Ascoli Piceno ultimo appuntamento con Ascolinscena che conclude la XVI edizione della Rassegna di commedie che ha ospitato spettacoli da tutta Italia.
La serata conclusiva di Ascolinscena è una vera e propria festa con il concorso Avis In Corto realizzato in collaborazione con Avis Provinciale di Ascoli Piceno. Il concorso ha visto la partecipazione di molte compagnie con un corto teatrale a tema libero, tra di loro la commissione ha selezionato i 3 corti che saranno messi in scena al Palafolli. Il pubblico presente in sala sarà chiamato a scegliere per decretare il vincitore del concorso. Ai tre corti finalisti spetteranno Premi in denaro e la splendida opera della maestra Barbara Tomassini ispirata alla goccia di sangue. La collaborazione tra Ascolinscena e Avis Provinciale di Ascoli Piceno è nata proprio per sostenere e diffondere la cultura della donazione di sangue, gesto volontario e gratuito.
I tre corti finalisti sono:
“Il mio lavoro” della Compagnia Medem di Città di Castello (PG) con Giovanna Guariniello.
L’allestimento, un monologo di circa 10 minuti, è di fatto un atto unico che propone un dramma umano di profonda intensità psicologica. La protagonista, in un italiano che rivela la sua provenienza straniera, traduce scenicamente la sua attività di badante attraverso un dinamismo motorio meticolosamente studiato da e verso una camera immaginaria nella quale un invisibile personaggio, destinatario del dialogo a senso unico, è il vero catalizzatore delle sue emozioni. Il buio scenico finale riannoda idealmente l’azione a un nuovo, simile inizio in virtù di una felice struttura circolare innescata dalla stessa battuta in apertura e chiusura del monologo.
“1963” COLLETTIVO LEHDET di Forio (NA) di e con Sabrina Ponticelli e Giacomo Seca
Perchè le relazioni finiscono? In che modo si sarebbe potuto salvare il rapporto? Chi ha sbagliato? Di chi sono le colpe? Sono queste le domande che si sono posti i due attori. “Se aveste l’opportunità di tornare indietro e rivivere dei momenti precisi della vostra vita, da dove partireste? Ad Alice e Leo viene offerta questa possibilità unica, in una realtà distorta, quasi magica, i due ragazzi cercano risposte ripercorrendo il periodo di vita trascorso insieme.
“Tre maitre sopra il cielo” della COMPAGNIA BROMANCE della Repubblica di San Marino con Enea Salicioni, Filippo Matteoni, Alice Giardi e Cristiano Pezzi
Qual è la cosa di cui i ragazzi hanno piú paura? I primi appuntamenti! Non sai mai se la ragazza che si trova davanti accetti l'ironia tagliente, i silenzi interminabili, le gaf tipiche dei giovani. Allora i Bromance hanno pensato: ci vorrebbe una figura che ti accompagni durante la tua vita da giovane scapolo, ma soprattutto che ti sostenga nei primi appuntamenti, come per esempio il Maitre. Quando vai al ristorante il maitre ti segue durante tutta la serata; ti sa consigliare il miglior vino, con quale portata accompagnarlo, come affrontare le varie pietanze. Perché non si può avere un maitre personale che accompagni nei primi appuntamenti?
Durante la serata di sabato 9 marzo, il pubblico presente sceglierà tra questi tre corti teatrali il vincitore della V Edizione di Avis In Corto.
La serata proseguirà con le Premiazioni di Ascolinscena. Le commedie del calendario 2023-2024 sono state giudicate e premiate nelle rispettive categorie: Miglior Attore e Attrice Protagonista e Non Protagonista, Miglior Allestimento e Miglior Spettacolo. Al vincitore di quest’ultimo premio spetterà anche un contributo in denaro.
Il pubblico abbonato ad Ascolinscena ha invece votato e decretato il vincitore del Premio Gradimento del Pubblico, solitamente il più ambito dalle compagnie teatrali.
La Rassegna Ascolinscena è organizzata da Castoretto Libero, DonAttori, Li Freciute e la Compagnia dei Folli e si svolge ogni anno presso il teatro PalaFolli di Ascoli Piceno.
Hanno sostenuto questa edizione la UILT – Unione Italiana Libero Teatro, la Fainplast srl.
Le serata di Ascolinscena sono state arricchite dalla degustazione di vino che seguiva la messa in scena degli spettacoli. Attori e pubblico si sono incontrati davanti a dell’ottimo vino della Cantina Terre de’ Conti di Pianello di Ostra (AN) e dalla Xentek Produzioni Video che ha offerto il vino della Cantina Velenosi. A deliziare il palato dei presenti anche gli stuzzichini del Tigre di Villa Pigna.
L’appuntamento è per sabato 2 marzo alle ore 21:00 per il concorso AVIS IN CORTO a cui seguirà la cerimonia della Premiazione.
Inizio serata sabato 9 marzo 2024 ore 21:00.
Biglietti disponibili presso il PalaFolli e su www.palafolli.it
Info:0736-352211 oppure www.palafolli.it
“Sport in rosa”: sabato 9 marzo appuntamento a San Benedetto del Tronto
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In occasione della Giornata internazionale della donna non poteva mancare un appuntamento di U.S. Acli Marche Aps dedicato alle donne.
Sabato 9 marzo, infatti, dalle ore 10 alle 12,30 si svolgerà l’iniziativa “Sport in rosa” realizzata in collaborazione con il Comune di San Benedetto del Tronto (all’interno del programma di “Marzo è donna 2024”) e con il Centro commerciale Portogrande.
L’appuntamento è alle 10 davanti a Decathlon in via Pasubio 144 a San Benedetto del Tronto.
La partecipazione all’evento è gratuita ma occorre prenotare inviando un messaggio al numero 3939365509 indicando il proprio nome e cognome.
Il programma dell’iniziativa (aperta comunque a persone di ogni sesso e di ogni età) prevede la pratica gratuita di due discipline: il Nordic Walking ed il Fitwalking, a cui è abbinata una passeggiata botanico/naturalistica guidata all’interno della Riserva Naturale della Sentina.
Il Nordic Walking ha un grande valore per la salute pubblica e anche per questo sta riscuotendo sempre più successo anche in Italia, in ragione delle sue preziose caratteristiche che lo rendono uno sport sano, sicuro, naturale, completo e adatto a tutti.
Il Fitwalking non è una cura, ma una “terapia preventiva”. Praticare il Fitwalking con regolarità aiuta a raggiungere gradualmente il miglior equilibrio fisico e a incrementare progressivamente lo stato di benessere derivante dall’attività, con il vantaggio indubbio di essere accessibile a tutti.
Una donna straordinaria - di Vittorio Camacci
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A volte mi chiedo perché quelli come me battono i sentieri del passato facendo, così, emergere quello che è stato nella vita presente. Come ogni mito la Sibilla è fuori dal tempo e dallo spazio, è un sogno, un ragionamento, ma è anche una realtà intramontabile e inafferrabile. Possiamo ipotizzare che sia esistita davvero, probabilmente una sacerdotessa, come l' antichissima Dea Orsa umbra, sciamana celtica che attraverso uno stato di trance viveva in contatto con il mondo sotterraneo, operando diagnosi e prognosi, che fosse interpellata non solo per prevedere ma anche per provvedere ai bisogni di intere comunità. Sicuramente all' interno delle montagne, come il Monte Sibilla, esistevano antri dove la gente arrivava e poteva entrare, portando dei doni. Strutture articolate e complesse, spazi ipogei consistenti al cui interno operavano forme di sacerdozio femminile. Potevano essere vestali, come quelle della Dea Sicinna o Secina, " le Sicinere", di cui si è conservata a lungo la memoria, coagulandosi in leggenda popolare giunta fino a noi. Per capire tutto questo bisogna entrare nel regno dell' invisibile, ma come si fa'? Secondo antiche credenze bisogna trovare ed inghiottire l' osso in più che hanno i gatti neri. Questo ossetto magico, che fino ad una cinquantina d'anni fa si credeva esistesse solo nello scheletro dei gatti di tale colore, che altro non erano che streghe tramutate temporaneamente in tali animali scuri, rappresentava il dono dell' invisibilità. La realtà è invece data dalla possibile simbolica entrata nel mondo arcano per agire e realizzare funzioni maieutiche. Sono mai esistite queste Sibille? La storia dice di sì, c'è una lunga tradizione in molti luoghi, continenti, paesi, regioni, una memoria che risale alla notte dei tempi, leggendaria, che fa emergere polvere dalla terra, dall' aria, dall' acqua e dal fuoco, una figura di donna saggia, senza tempo ma che nel tempo cammina, che ama la vita, la gente, raccoglie e custodisce la conoscenza. Che si tinge la faccia di carbone, come le antiche "masche" divinatrici marsicane capaci di incantare i serpenti da cui estraevano il veleno per scopi curativi. Sicuramente erano donne sagge che nemmeno la Chiesa ha potuto cancellare tanto che esse sono raffigurate nei dipinti delle pievi da autorevoli pittori, ritratte nella loro potente bellezza, nella consapevolezza di donne mature, nelle loro attività talentuose e miracolose. La Sibilla era colei che sapeva dare i consigli giusti, individuava i problemi e formulava soluzioni per l' intera comunità, venivano ascoltate e tenevano unite le genti, avevano un' importanza fondamentale nella vita dell' intera collettività. Ogni Sibilla era un' anticipatrice, perché sapeva, conosceva, faceva. Una figura di modernità che possedeva memoria del passato, garantiva il presente e costruiva il futuro grazie ai saggi consigli che emergevano dalle sue divinazioni. Le Sibille non erano streghe, come quelle che facevano ammalare i cavalli, li rubavano di notte, gli intrecciavano la criniera e li facevano galoppare fino allo sfinimento, oppure infilavano gli spilli nei pupazzi creati con la creta, la cera, la stoffa o le molliche di pane. Erano delle divinatrici che conoscevano le erbe benefiche, l' arte di guarire le ferite o riacconciare i nervi e le ossa rotte, la loro sapienza era votata al bene ed alla pace. Fermavano in tempo le violenze e le male azioni, erano donne straordinarie. Ero ancora bambino, quando ho avuto l'onore di conoscerne una delle ultime. Una donna intera, autonoma, autoritaria che non portava i segni di adattamenti forzosi, di rinuncia a una parte di se stessa, di mortificazioni o violenze subite. Non conosceva la paura, l'inganno e la meschinità. Aveva conoscenze arcaiche e le usava bene, non per sopraffare ma per aiutare l'intera comunità, in maniera dolce e femminile, diversa ed opposta al potere patriarcale e guerriero. Era cristiana, andava in chiesa e non temeva il prete, parlava di una legge universale di giustizia, che riequilibrava le buone e le male azioni, tra la vita e la morte. Questa legge per lei aveva un nome, la chiamava " Lu Perigne" e quando pronunciava questo nome si faceva il Segno della Croce pronunciando la formula: " Per Omnia Saecula Saeculorum". Questa donna preziosa, aveva anche avuto un marito, un pastore dal volto bruciato dal sole e dal vento che portava sempre un cappello di feltro a larga tesa sopra un viso mite e riflessivo dal quale non traspariva mai un' emozione. Tutti dicevano che era fortunato perché aveva in casa una donna importante, che non gli faceva mancare nulla, una divinatrice magica e misteriosa, esperta e piena di buon senso che con un' attenta capacità d'osservazione percepiva gli atteggiamenti, i gesti, le espressioni, le tensioni, gli sguardi, i movimenti minimi delle labbra, delle mani delle persone rilevando impercettibilmente nei loro corpi l' onda dei pensieri e delle emozioni. La sua scienza medica era frutto di una secolare accumulazione di esperienza e di esperimenti tramandatisi nella sua famiglia da madre in figlia per secoli. Metteva a posto fratture e lussazioni con massaggi e "chiarate" miste a fuliggine e bende. Guariva ustioni e ferite infette con erbe medicinali. Sapeva preparare decotti, pozioni e impiastri per varie malattie, calmanti per l'insonnia, tisane per la pressione alta, colliri per gli occhi e tante altre cose. Quando morì venne presto dimenticata e con lei scomparve un' immagine di donna energica ed umana che non ho più visto in vita mia.
Vittorio Camacci
Balli in maschera - di Vittorio Camacci
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La mamma aveva un diavolo per capello, stava friggendo le castagnole, doveva stare attenta che non bruciassero. Poi le depositava in una ciotola, sopra un foglio di “carta paglia” e le cospargeva con l’Alchermes e lo zucchero. Io le ronzavo attorno per assaggiarne qualcuna e le davo fastidio. “Spostete, jii cùmma la pala de lu furne, sempre llà mizze”! Mi diceva. Per friggere usava lo strutto che era conservato in una vescica di maiale appesa ad una trave della cucina. Nella nostra famiglia, infatti, avevamo ammazzato il maiale da circa un mese e la vescica era il contenitore ideale per lo strutto, serviva per friggere e per cucinare un po’ tutto, L’olio d’oliva della montagna. Quando si ammazzava il maiale il nonno era nervosissimo e si metteva a bollire l’acqua nei bidoni, accatastando ceppi di legna e fascine sul fuoco. La sera prima aveva preparato una grande sporta con una decina di coltelli affilati, di tutte le dimensioni. Una volta ucciso il maiale veniva posto sopra delle balle di paglia e gli si gettavano addosso secchiate d’acqua bollente, per ammorbidire le setole che poi venivano asportate raschiando con i coltelli. Successivamente l’animale veniva appeso a testa in giù e diviso in due parti con la mannaia, gli venivano asportate le budella e la vescica che venivano lavate e rilavate dalle donne per poi essere immerse nell’aceto. Sarebbero servite successivamente per insaccare la carne e, appunto, per contenere lo strutto. Le due mezze parti, dopo essere rimaste, su dei tavolacci, per alcuni giorni ad asciugare, sarebbero diventate con le “‘mmasciate”: salami, salcicce, cotechini, pancetta, lonze, costolette, strutto, coppa, prosciutti, spallette e ossa da consumare a breve. I salumi venivano poi appesi al soffitto della cucina con lunghe stanghe a stagionare ed affumicare. Il profumo era indescrivibile e particolare difficilmente replicabile al giorno d’oggi. Finito di friggere le castagnole, la mamma infornava un paio di “ciammelle” nel forno. Nella cucina c’era un fumo che non si vedeva nulla e nonno che era seduto vicino al camino cominciava a tossire allora si rifugiava in cantina per farsi un goccio di vino. In realtà le visite in cantina erano frequenti e la sera risultava sempre un po’ alticcio, emettendo spesso sentenze che farfugliava con la lingua impastata. Aveva sempre bisogno di scaldarsi un po’perché quando fuori c’era la neve, anziché starsene al caldo perennemente, trafficava all’ esterno con le “lacciole” per prendere qualche uccello da cuocere con la polenta. Eravamo nel periodo di carnevale ed era giovedì grasso. Il sabato successivo dovevamo andare a ballare nella festa della scuola. Noi giovani non stavamo nella pelle per la contentezza e passavamo le giornate a provare i costumi. I vestiti erano rimediati e bisognava aggiustarli e modificarli per l’occasione. I dolci e le bibite di quelle feste li portavamo da casa ed ogni mamma s’ingegnava a preparare qualcosa. Le nostre feste di carnevale erano spartane e semplici ma il divertimento non mancava, eravamo quasi tutti ragazzi del paese, educati alla responsabilità. La mattina successiva ci si doveva svegliare presto, per aiutare i genitori nelle stalle ad accudire e mungere le bestie. Erano tempi in cui la semplicità andava a braccetto con la dura vita di montagna.
Vittorio Camacci