Sabato 12 si è tenuto, presso il Palazzo dei Capitani, ad Ascoli Piceno.  il convegno “Sant’antonio abate: una tradizione viva”
Presenti il Dott. Armando Falcioni, presidente del Consiglio Provinciale, dott. Giannino Gagliardi, Storico, la coordinatrice sig.a Marcella Rossi, giornalista, nonché Giovanni Massi, presidente dell’associazione “Il Carnevale di Ascoli”, perché, come si sa, la festa di S. Antonio Abate prelude ai festeggiamenti carnascialeschi.
Durante il convegno è stato presentato anche il programma dei festeggiamenti, che quest’anno prevede una variante: non ci sarà il solito raduno in piazza del Popolo, e avrà il seguente svolgimento:
•    Giovedì 17 Piazza dell’ Erba in mattinata esposizione di animali,
•    Giovedì 17 Piazza dell’ Erba ore 14 Benedizione degli animali e dei mezzi agricoli,
•    Domenica 20 Centro storico nel pomeriggio II Rassegna di Gruppi folkloristici.

 

esibizione durante il convengo

dal  sito dell'Associazione il Carnevale di Ascoli

S. Antonio e le tradizioni popolari

Non c’è un Santo più fortemente radicato nella tradizione popolare e tra le genti contadine, come  il Santo Anacoreta. La festività del Santo si svolge nella ricorrenza della sua morte tra il 16 e il 17 Gennaio e presenta in tutti i luoghi, elementi comuni come i falò la questua le tradizioni alimentari la benedizioni degli animali e l’uccisione del porco rituale.
Il Comitato dei Festeggiamenti del Santo, è fortemente impegnato nella conservazione e nella perpetuazione della Festa; essa altro non è in realtà che il ricordo di atavici rituali di propiziazione e fertilità campestre, nonché espressione di quelle festività apotropaiche (1) del calendario agro-pastorale legate alla Grande Madre e al suo compagno il Dio Vegetazionale. Da alcuni anni c’è stata con piacere reciproco, la presa di coscienza del percorso comune tra detto Comitato e l’Associazione “il Carnevale di Ascoli”; quest’ ultima è fortemente impegnata, nella ricerca nella riscoperta e nella divulgazione dei valori del Carnevale inteso come rito agrario. Cito per tutti il lavoro del Dott. Lorenzo Settimi, che ha conseguito con la votazione di 110 e lode la Laurea Magistrale in Antropologia Culturale ed Etnologia presso la facoltà di Lettere e Filosofia dell’ Università Alma Mater Studiorum di Bologna; ha discusso la tesi in Antropologia museale, “Il Carnevale come rito agrario: il caso etnografico dell’ alta valle del Garrafo”.
Dunque colgo l’occasione da queste pagine, per ringraziare il Comitato dei Festeggiamenti di Sant’Antonio Abate. In ossequio a questa comunione di intenti ha già da alcuni anni accettato la nostra piccola collaborazione, consentendo all’Associazione che rappresento di presentare ed aprire proprio nella ricorrenza del Santo la stagione carnevalesca. Desidero però lasciare al lettore qualcosa in più, scrivendo di qualcosa che magari non tutti conoscono e segnatamente del “Patronato sugli animali”.
Questa caratteristica in realtà è data al Santo solo dalla tradizione popolare e non è presente nella agiografia dell’Anacoreta, anzi dalle fonti classiche sembrerebbe trasparire un odio del Santo verso gli animali spesso confusi con il demonio o percepiti come demoni in sembianze belluine. Un esempio potrebbe essere il seguente passo mentre era in eremitaggio in una grotta nel deserto, “…vi irruppero demoni che avevano assunto diverse forme di bestie feroci e di rettili, e il posto si riempì subito di fantasmi di leoni, di orsi, di leopardi, di tori, di serpenti…” che cacciò imperterrito. Atanasio poi ripropone la “distanza” tra animali ed Anacoreta quando narrando un episodio della vita del Santo, “…alcuni animali feroci, avvicinandosi a bere, provocarono danno di frequente al seminato e al terreno coltivato. Allora egli ne afferrò pian piano uno dei tre e disse…perché mi portate danno, mentre io non ve ne faccio? Andatevene via e nel nome del Signore non avvicinatevi mai più…”.
Sarà la tradizione popolare ha trasformare il Santo in protettore degli animali e solo successivamente a causa del forte radicamento in essa di tali usi e credenze, il tema sarà assorbito anche dalla religione ufficiale come testimonierebbe la Benedictio equorum aliorumve animalium del rito Romano. In realtà come già accennato le tracce di questa credenza sono molto antiche, le troviamo già nel Boccaccio quando nel suo Decamerone fa dire a Fra’ Cipolla  “Acciò che il beato Santo Antonio vi si guardia de’ buoi e degli asini e de’ porci e delle pecore vostre…”. Ma ancora una volta sono gli stornelli e i canti popolari a riproporci l’antico tema del Santo protettore delle bestie domestiche,“…e se hai una gallina l’anno prossimo ne avrai una sessantina, e se hai un porcellino per l’anno prossimo un mucchietto, e se tieni jna pecorella, per l’anno prossimo un mucchio…”. Non si può dimenticare poi l’usanza di affiggere sull’ingresso delle stalle o dei dormitori degli animali, immagini e santini raffiguranti il Santo circondato di animali e con il fuoco in mano. A queste forme fortemente “cristiane” si associano poi le formule magico apotropaiche per guarire gli animali, come nel caso di un antico rituale che parla di collocare su un piatto due chiavi incrociate una maschio e una femmina e di ripetere per tre volte: “sante crismale medichè lu cape, sante Siste mèdiche Gesù Criste, Sant’Antuone mèdiche buone, mèdiche quella vena, che tanta guerre mena”.

Il prossimo anno se il Santo vuole, parleremo della campanella.


Giovanni Massi
Presidente l'Associazione
"Il Carnevale di Ascoli"

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