IL BRIGANTE DEI GIORNI NOSTRI
Parodia rurale in tre atti (e un saltarello sovversivo)

 

 

file 00000000d55861f4bb4b4d788e66a7dfATTO I – LA DISCESA DALLA LAGA

Scendevi dalla Laga come un profeta in MTB. La barba era vera, il cappello rubato a un pastore vero e nelle tasche solo un coltellino svizzero, una poesia di Celestino Ciaralli e due ciocche di origano secco.

Il Festival dei Borghi Rurali della Laga era cominciato da tre giorni, ma tu arrivavi adesso, non invitato, come ogni brigante che si rispetti.

In piazza, bancarelle bio, stand di enti pubblici, giovani con magliette “turismo responsabile” e un palco con un microfono che sembrava dire: “Urlami dentro, tu che hai qualcosa da dire.”

E tu ce l’avevi.

Senza pensarci due volte, ti sei arrampicato sul palco e hai cominciato:

“Popolo della Laga! Noi non vogliamo altri fondi europei spesi in aiuole che nessuno annaffia e panchine nuove dove non si siede nemmeno un cristiano!
Vogliamo mulattiere libere, case vive, trattori che puzzano di nafta e libertà!
Chi è con me batta un ferro di cavallo contro un tombino!”

Silenzio. Poi un vecchio da Capricchia ha battuto il bastone sul tombino.

Era fatta.

ATTO II – IL SALTARELLO DELLA SOVVERSIONE

Ti invitarono (o forse ti intrappolarono) a un convegno dal titolo minaccioso:

“Strategie di Sviluppo Integrato per il Rilancio Endogeno dell’Area Appenninica Post-Sisma.”

Parlavano di “vocazione territoriale”, “co-progettazione sostenibile”, “ricettività diffusa”.

Tu ascoltavi in silenzio. Ma dentro ribollivi.

Poi ti sei alzato, con la calma di un oracolo stanco:

“Io ho capito solo che volete fare un altro centro commerciale al posto delle stalle. Ma le stalle ci servono. Per le bestie. E pure per noi.”

Il moderatore ha tossito. Una sindaca ha chiesto se eri un artista.

Tu hai risposto:

“No, sono un brigante con gli scarponi bucati e la bici storta, ma almeno non barcollo nella nebbia delle parole vuote.”

A quel punto, le nonne si sono sollevate.
Erano pronte. Le avevi preparate.

Vestite di nero, con la fascia "Resistenza Vergara", si sono messe in cerchio.
Cecilia da Aringo ha battuto il bastone a terra e ha lanciato il grido:

“Saltarello libero! Briganti col rossetto!”

E la sala si è trasformata in balera sovversiva. Il palco è crollato sotto il peso della verità e del ballo.
La tua bici, issata come un trofeo, diventava simbolo mobile del tuo nuovo movimento:

IL MINISTERO DELLA GIOIA RURALE
(Dipartimento della Laga Felice)

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L’ultima notte del Festival, tra i resti di una seggiovia mai ricostruita dal terremoto, hai radunato i tuoi:

Due boscaioli anarchici di Rocca Santa Maria

Tre ex-cantanti neomelodici riciclati in pecorai a Collefrattale

Un cane zoppo che ti seguiva da Poggio D' Api

E la leggendaria Nonna Elvira, che a 91 anni sapeva ancora usare la roncola “a sentimento”

Scopo?
Occupare simbolicamente la seggiovia-fantasma per trasformarla in un centro poetico autogestito.

Ci avete appeso lenzuola con scritte come:

“LA LAGA NON È IN VENDITA”
“PANE, PASTORI, POESIA”
“QUI SI STA BENE, MA NON SI INVESTE!”

La mattina dopo, il sindaco è arrivato con i carabinieri.

Vi ha trovato intenti a friggere pizzelle e arrosticini sulla brace e a leggere poesie.

Vi ha guardati.

Poi si è tolto la fascia tricolore e ha detto:

“Una pizzella la mangio anch’io. Ma poi andate via, che lunedì ho il sopralluogo della Regione.”

Avete accettato.

Ma la leggenda era nata.

EPILOGO: IL BRIGANTAGGIO RURALE CONTINUA

Ora, ovunque tu vada, da San Martino a Valle Castellana, da Cesacastina a Cortino, da Alvi a Poggio Valle, si dice che c’è uno con gli scarponi vecchi e l’anima calda, che non si arrende, che balla col vento e urla ai convegni, che fa piangere di commozione gli adulti e ridere i bambini
Uno che porta allegria e vino, ma dice le cose come stanno.

Tu.
Il brigante del terzo millennio.
Con la bici storta, il cuore dritto e una sola bandiera:
LA DIGNITÀ DEI PAESI VIVI.

Vittorio Camacci

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