In questi giorni sono rimasto solo in casa. La mia curiosità, alimentata dalla mia golosità, mi ha fatto ritornare bambino ed ho scartato anticipatamente un panettone. Nel primo mattino ho scaldato il latte e come sempre ho aggiunto il caffè poi, vi ho inzuppato un pezzo di panettone e l'ho portato verso le mie labbra. Nel momento in cui quel boccone ha invaso il mio palato, ho trasalito un attimo ed un piacere delizioso mi ha invaso, isolato, regalandomi uno strano piacere. Per un attimo ho dimenticato le vicissitudini della vita, le sue calamità, le sue illusioni e nel modo stesso in cui agisce l'amore mi sono colmato di un benessere prezioso. Ho cessato di sentirmi mediocre, contingente, mortale, questo perché quando mangi una cosa ti ricordi di quand'eri piccolo, una folata di passato che ti prende in piena faccia. Un morso di sapore d'infanzia, una cosa dolce che mi ha fatto tornare piccolo, quando c'erano ancora i nonni che mi davano pane, ricotta e zucchero. L'odore di muffa e di vecchio delle coperte di lana, le sedie di paglia davanti al focolare, i centrini ad uncinetto della cristalliera, le bomboniere delle ricorrenze nella credenza.
Del Natale di oggi non parliamo, non si può più tornare ai paesi e certi paesi non sono più quelli di prima. La mia fortuna è che il passato capita una volta ogni tanto e apprezzo questa rievocazione di pezzi di vita in ragione della sua rarità e l'innesco è prevedibile: il panettone nel caffellatte, appunto. Pure il paese, dove non sei più felice, basta scansarlo o il boccone diventa veleno.
Ultimamente la lotta al passato si è fatta continua. Non è tanto il mondo fuori, è l'archivio che abitiamo tutti i giorni, il mondo virtuale che ci hanno costruito addosso per farci stare buoni. Ci hanno messo in bocca tanti bocconi che non finiscono mai, sono ovunque, sono terribili e non hanno lo zucchero dentro. Sono le foto che ricompaiono, i morti che parlano, che ci guardano ancora, ci creano forme impossibili di coraggio, soprattutto il coraggio di cancellare. A volte mi chiedo se la differenza tra quello che eravamo e quello che è venuto dopo sia solo la perdita dell'identità, sono restati solo i buchi, le crepe, la debolezza. E ogni volta che il pensiero ci torna sopra diventi minuscolo, così il pensiero dopo un poco impara e non ci torna sopra. Che non è dimenticare, è evitare con cura così ti ricordi di non pensarci. Invece il passato ha messo i denti, i morti sono ovunque e sento sempre le loro voci, sono circondato dalle loro presenze. Perciò serve difendersi, c'è un limite a quello che si può sopportare. La memoria è fatta della stessa sostanza della nebbia ed in questo ci può aiutare.
Qualcuno pensa che vivere onestamente sia diventato inutile, infatti una delle manifestazioni di mancanza di talento è la furbizia subdola che fa diventare la correttezza sinonimo di stupidità. Tutto dipende dal fatto che, ormai, siamo pervasi dalla disonestà, viviamo tutti più o meno in libertà provvisoria, ma con la consapevolezza che ribellarsi a questo sia indispensabile perché essere onesti marca la differenza, segna il confine: l'onestà è coscienza, indica il grado di affidabilità di una persona o di una comunità. Senza quella la convivenza diventa impossibile. Per questo è bello essere onesti, in pace con se stessi. Facciamoci un regalo questo Natale, buttiamo via il ricordo di quello che è stato e prepariamoci ad un futuro completamente diverso. Solo così possiamo salvarci.
Vittorio Camacci