di Vittorio Camacci


     Febbraio è il mese del Carnevale, il mese delle allegre gazzarre, delle maschere, dei coriandoli, delle frappe, dei ravioli e delle frittelle. Oggi, in città, c'è un tripudio di gruppi mascherati per le strade e per le piazze, con carri sgargianti di colori vistosi e di forme grottesche che passano allegri, anche se traballanti, in mezzo al gioioso schiamazzo di urli, di frizzi, di suoni. Da tutte le parti piovono coriandoli variopinti, le stelle filanti descrivono svolazzi eleganti nell' aria. Chiamatela pure festa dell’allegria e mentre vi immergete in questo turbinio di colori, coriandoli, dolci appetitosi e feste, dovete sapere che il suo nome deriva dal latino "Carmen Levare"; ovvero "eliminare la carne" indicando quindi il periodo che precede la Quaresima. La sua origine è ancora più antica, connessa a riti pagani purificatori che rappresentavano il morente anno vecchio o la fine del terribile inverno freddo e ghiacciato che porta via le tristezze ed i mali del passato. 



     Cinquant' anni fa erano i giorni di Carnevale al mio paese, e tutti noi bimbi volevamo fare una mascherata. Ma come? I nostri genitori erano poveri e di denaro da spendere non ne avevano molto. Se volevamo mascherarci ci arrangiavamo con quello che si aveva in casa. Allora salivamo nei solai e rovistavamo nelle antiche cassepanche e nei bauli, portando alla luce vecchi abiti: larghe e lunghe gonne delle nonne, cappellini con i fiori sopra e sotto la tesa, colletti di pizzo, corpetti di velluto, giacche a quadretti, cinte giganti, pantaloni rattoppati, cilindri spelacchiati. A volte i vestiti erano troppo lunghi e larghi, ma le mamme rimediavano con spille di sicurezza e lunghi punti messi qua e la. Tutti ci vestivamo con entusiasmo ed i maschietti, in più, si facevano i baffi ed il pizzetto con il carbone. Poi cantando e ballando ci spargevamo per il paese, gettando manciate di coriandoli e stelle filanti. Rappresentavamo la "Vacca“, con un lenzuolo, corna finte ed un campanaccio, il padrone, il compratore ed il sensale. “Quanto vuoi per questa bestia?

     Non ci si metteva mai d'accordo e con un colpo di bastone si faceva cadere una pignatta scappando nella confusione. L' ultimo giorno si sfilava per il paese, di casa in casa, con un personaggio che rappresentava il Carnevale, un altro la moglie Cecilia, entrambi erano stuzzicati dal Diavolo tentatore tenuto da una grossa catena di ferro. Le cantine erano aperte e tutte le famiglie offrivano dolci e vino cotto nell'ilarità generale. Com' era semplice e bello il Carnevale e come eravamo fraternamente uniti a quei tempi!

 

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