Gli inverni di una volta - di Vittorio Camacci
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Una storia che, parlando di inverni e gelate, testimonia che nei secoli passati ci furono inverni talmente rigidi da congelare il fiume Tronto al punto di permettere alla gente di attraversarlo a piedi. L' ultimo di questi "grandi" inverni fu quello del 1929. Fioccava sulle terre arquatane e, l'improvviso, la sera si faceva magia. Nei villaggi di montagna, cresciuti intorno a vetusti campanili, calava il silenzio che solo la neve sapeva regalare. Sembrava di immergersi, come d'incanto, in un presepio ed in ogni casa fioche luci si facevano largo tra le imposte penetrando nell'oscurità esterna, tramutando i nostri paesi in una piccola Betlemme, racchiudendo le gioie, i dolori, le vicende piccole e grandi di ogni famiglia. Erano notti di profondo silenzio, le strade deserte attraversate di tanto in tanto da bestiole che camminavano sopra la neve e da qualche solitario passante che tornava dalla stalla. Nell'aria si dipanavano i profumi inconfondibili del fumo dei camini, della legna che ardeva, profumi antichi che parlavano di un tempo in cui le cose andavano, forse un po' meglio anche se c'era tanta miseria. Perché in quei tempi chi dettava le leggi della vita era la "provvidenziale" natura sempre pronta a fornire il necessario per il mantenimento delle comunità. Di fronte al focolare corre, inevitabilmente, il ricordo, specialmente ora che nelle SAE non l'abbiamo più, a tempi ormai passati. Tempi in cui gli inverni erano quelli veri, in cui le nevicate erano abbondanti e il clima rigidissimo congelava anche il fiume ed i fossi. Ricordo bene le nevicate straordinarie del 1985, quando le temperature scesero anche oltre i 20° sotto zero oppure la tempesta di neve del gennaio 2017 che sommerse tutto il centro Italia provocando la tragedia di Rigopiano. Ma per gli inverni, quelli veri, si deve andare ancora più indietro nel tempo. Ho avuto il privilegio di ascoltare i racconti dei più anziani, che in tante occasioni mi hanno parlato delle sere d'inverno passate davanti al focolare, in tempi in cui non c'erano le televisioni, né tantomeno i telefonini. Sere trascorse in famiglia, ascoltando le fiabe o pregando il rosario insieme. Per cena un po' di polenta abbrustolita e poco altro. Come c'erano coloro che, per riscaldarsi passavano le serate nelle stalle, seduti tra il fieno e la paglia a scaldarsi con il fiato delle bestie, parlando del più e del meno, a raccontarsi storie e barzellette o giocando a carte. Qualcuno leggendo queste righe, forse non sa nemmeno di essere stato concepito in una stalla o in un fienile, ma a quei tempi accadeva anche questo. Oggi nell'era del progresso, in cui si gira il mondo in auto, si ha l’imbarazzo della scelta su cosa seguire sui social o in televisione, si è creata molta più solitudine e anche fare i figli è diventata una cosa inconsueta. Come una rarità è la stessa neve che si fa vedere sempre più raramente ed anche questo è evidentemente un segno dei mutamenti climatici in corso, lo dice semplicemente la storia e di questo si deve fare tesoro sempre, perché serve a vivere il presente ed a costruire il futuro. Come abbiamo detto, l’ultimo "grande" inverno fu quello del 1929 ma ci furono situazioni in passato molto più siberiane o polari. Da alcuni scritti abbiamo dedotto che nel 1216 e nel 1234 un’immensa ondata di freddo fece morire persone, animali domestici e selvatici, distrusse raccolti e alberi da frutto. Congelarono interi greggi di pecore e le fonti storiche raccontano di persone trovate morte assiderate nei loro letti. Sul finire del 1400, esattamente tra il 1481 ed il 1491 ci furono lunghissimi inverni. Altro inverno terribile fu quello del 1549 ma il più tremendo di tutti fu nel 1709, considerato tuttora il più rigido della nostra storia. Tra gennaio ed aprile quasi tutta l'Europa fu investita da un'anomala ondata di freddo che paralizzò anche l'alta valle del Tronto causando un elevato numero di vittime tra la popolazione. Perirono quasi tutte le piante da frutto. Roma rimase isolata per le intense nevicate e da lì partì un’influenza, una vera e propria pandemia che insieme alla carestia fece una carneficina. Nel 1815, l'eruzione del vulcano Tambora in Indonesia, provocò nell' emisfero settentrionale un "anno senza estate", causa le polveri eruttive che oscurarono l’atmosfera, vi furono inverni rigidissimi, carestie ed un'epidemia di tifo che provocò lutti in tutta la valle. Fu una delle peggiori catastrofi del diciannovesimo secolo. Nel secolo scorso, lo abbiamo già in parte detto, gli inverni più freddi furono quelli del 1929, del 1956 e del 1985. La storia, nel suo incedere, ci dirà se situazioni come quelle del passato torneranno, un breve ma disastroso esempio lo abbiamo avuto nel gennaio del 2017. Nel frattempo non resta che attendere la luce di un nuovo gelido giorno e l’arrivo, sul davanzale, del pettirosso e della cinciallegra in cerca di cibo rimpiangendo il fuoco del caminetto e lo scoppiettare della legna che arde.
" Il fuoco è l'anima di ogni luce e nella luce si avvolge"
Vittorio Camacci
L'Antico e le palme - S. Benedetto del Tronto
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L’Antico e le Palme
SAN BENEDETTO DEL TRONTO
Rotonda Giorgini – Viale Buozzi
6 e 7 gennaio 2024
Scopri l'Eccellenza dell'Antiquariato e del Vintage a San Benedetto del Tronto!
Il nuovo anno inizia con un tuffo nel passato a San Benedetto del Tronto, con il tanto atteso Mercato dell'Antiquariato e Vintage che si terrà nei giorni 6 e 7 gennaio. L'evento si svolgerà nell’isola pedonale della città, tra la rotonda Giorgini, viale Buozzi e corso Moretti.
Questo mercato è un'opportunità straordinaria per gli amanti dell'antiquariato, i collezionisti e gli appassionati del vintage di immergersi in un mondo ricco di fascino e storia. Con espositori accuratamente selezionati provenienti da varie regioni d’Italia, il mercato vanta una vasta gamma di oggetti, dai mobili d'epoca agli accessori vintage, dai gioielli alle opere d'arte.
Data: 6 e 7 gennaio
Orario: dalle 9 alle 19
Luogo: isola pedonale di San Benedetto del Tronto
Cosa aspettarsi da questa edizione? Oggetti che raccontano storie, con pezzi unici e autentici che aggiungeranno carattere alla tua casa o collezione. Un’atmosfera coinvolgente con musiche vintage e la possibilità di interagire con appassionati e esperti del settore.
Invitiamo gli appassionati di antiquariato, vintage e chiunque sia curioso di esplorare il passato a unirsi a noi in questo weekend straordinario. Non solo avrete la possibilità di fare affari unici, ma contribuirete anche a sostenere il patrimonio culturale della nostra comunità.
Un’occasione imperdibile per celebrare l'eleganza senza tempo e l'eredità storica a l’Antico e le Palme di San Benedetto del Tronto.
info: Segreteria organizzativa Brandozzi A. & C snc tel 0736 256956 - 393.9862023
www.mercatiniantiquari.com Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
FB mercatini antiquari IG mercatiniantiquari
EDIZIONI 2024:
30, 31 marzo e 1° aprile (Pasqua) – 28 29 30 giugno - 23 24 25 agosto
Buone Feste!
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Credo che in ogni "Buon Natale" sia compresa la consapevolezza della malinconia, a volte della tristezza, che accompagna quest'augurio..Anche per noi è così: sappiamo perfettamente delle difficoltà, sia generali che personali, ed è per questo che il nostro augurio vuole essere una speranza in un periodo migliore.
tanti auguri, amici nostri, di vero cuore!
LO STAFF DI PICENOBELLO
Il quarto Re - di Vittorio Camacci
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IL QUARTO RE
Nella notte di Natale, il cielo di Betlemme, fu illuminato dall’apparizione della Stella Cometa, tutti rimasero stupiti e si chiedevano cosa fosse e da dove venisse quell’astro tanto luminoso. Alcuni saggi compresero che quella stella annunciava la venuta del Messia, come dicevano le Sacre Scritture, e così si misero in cammino seguendo il suo brillare. La leggenda dice che erano tre: Gaspare della Numidia che portava un calice d’oro; Melchiorre dall’ Egitto con un vaso d’incenso; Baldassarre che conduceva un’ampolla di preziosa mirra. I doni che essi conducevano al Divino Bambino avevano un valore simbolico: l’oro rappresentava il trono, il potere di quello che sarebbe stato il Re dei Re; l’incenso era il simbolo del Divino per indicare l’origine Celeste del Bimbo sulla mangiatoia; la mirra incarnava la guarigione dell’Uomo unto alla sua fine nel Santo Sepolcro. Mio nonno sfatava sempre questo racconto, raccontandomi una leggenda tramandatagli da suo nonno, al quale era stata raccontata dal suo. Una storia, insomma, nata tra i nostri monti tanti anni fa, che narrava dell’esistenza di un quarto Re, il Re delle Api, un re contadino di nome Bantorto che aveva scambiato il miele prodotto dalle sue api ed il frumento raccolto nei suoi campi con tre bellissime perle di mare prima di imbarcarsi con il suo asinello alla volta della Giudea dove in un sogno aveva visto brillare la Stella Cometa. Dopo un lungo viaggio in mare, una volta giunto nelle terre d’oriente, si fermò in un villaggio e cercò una locanda, davanti alla quale trovò steso a terra un povero storpio affamato. Bantorto decise di consegnare una perla all’oste in cambio di vitto e alloggio per il povero storpio, poi ripartì verso Betlemme. Giunto sopra le montagne vide una fanciulla con le mani legate. Era stata rapita dai briganti per essere venduta come schiava. Bantorto prese un’altra perla, ci pagò i briganti per il riscatto e riportò la ragazza al suo paese riconsegnandola alla sua famiglia. Ripreso il suo cammino arrivò in un piccolo borgo dove sentì una madre urlare verso un soldato che con la spada in pugno stava per trafiggere un piccolo innocente. Bantorto prese dalla sacca l’ultima perla, la diede allo sgherro di erode, fermando così la sua mano omicida per poi consegnare il neonato alla mamma piangente. Finalmente Bantorto, dopo tanto vagare, seguendo la Stella, giunse alla grotta di Betlemme, vide i pastori accampati con i greggi fuori dalla grotta illuminata da una luce particolare, sbirciò dentro e vide Giuseppe che vegliava mentre Maria cullava Gesù. Il povero falegname di Nazareth si accorse di lui e lo invitò ad entrare chiedendogli chi fosse. Bantorto titubante teneva la testa bassa, aveva vergogna di dire chi era, gli si inumidivano gli occhi e non riusciva a parlare. Maria, commossa da tanto pudore, gli sorrise dolcemente tanto da indurre Bantorto a mettersi una mano sul cuore ed inginocchiarsi davanti al Sovrano Bambino dicendo: “Ho venduto il mio miele ed il mio grano, ho comprato tre perle da portarti in dono, ora sono a mani vuote e non posso onorarti”. Maria gli si avvicinò e gli rispose: “hai le mani vuote perché ciò che avevi l’hai donato ai poveri, ai disperati, ai bisognosi, i fratelli di Gesù, quello che tu hai fatto, l’hai fatto in suo nome e per la sua gloria”. Dopo aver detto queste parole mise il Bimbo tra le braccia di Bantorto che fu il primo, dopo Maria e Giuseppe, ad avere l’onore di avere Nostro Signore sul petto ricevendo così la Grazia per il resto della sua vita.
Vittorio Camacci