L' aurora tingeva le nubi di porpora, ma poi via, via che il cielo schiariva, esse diventavano prima rosee, poi dorate, infine si gonfiavano al vento diventando bianchissime tra i Monti Sibillini. Il giorno prima era stato molto freddo, un grigiore uniforme che aveva tenuto la vallata sotto una cappa di tristezza. Il nonno, che mi raccontava della Processione del Cristo Morto, mi aveva detto che quella sera la chiesa di Sant' Agata sarebbe stata piena di gente, anche di paesani emigrati tornati per assistere alla rievocazione. Quando stormi di bimbi suonarono le " mattavelle”, tra folate di vento primaverile, tutti andarono verso la piazza tenendo il viso basso in rispettoso silenzio. Io tenevo impaurito la mano di mio padre ed osservavo imbambolato i farisei sfilare, il Cireneo con la croce, le Pie Donne, le fiaccole di cera accese ed il "Cristo Morto" sdraiato nella portantina scura. C' era un frate che ad ogni fermata predicava e mi rimase impressa una sua frase: "L' Agnello di Dio" che venne in terra ad affrancarci dal peccato". Il giorno del Sabato Santo chiesi a Don Paolo dov' era questo Agnello di Dio. Egli mi rispose sapientemente e pazientemente: "Gesù, il Figlio di Dio, scese sulla Terra a predicare l’amore, la legge del perdono, invece gli uomini violenti e rapaci che vedevano compromessa la loro legge opportunistica, lo crocifissero. Egli mansueto come un candido agnello, si fece martirizzare e spirò perdonandoci!" 

La spiegazione del mio parroco non faceva una piega, mi pareva di aver capito abbastanza bene. Promisi a me stesso di non far mai male a nessuno, specialmente alle bestie, che sono creature di Dio. Appena tornato a casa, imboccai i ripidi scalini che conducevano alla soglia e corsi da mio nonno a chiedergli se mi regalasse l’agnellino che era nato da più di un paio di mesi. "Frappì, che ci vù fa?" Mi disse: "Si tu nii jii bune manche a rivutà li sargicce!" Poi quando mi vide convinto e testardo su questa mia idea mi accompagnò alla stalla e disse solennemente: " Agnus Dei qui tollit peccata mundi, ecco l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo! " Consegnandomi, sorridente, la bestiolina tra le braccia. 

Figurarsi la mia gioia: battevo i piedi, saltavo, ridevo con gli occhi lustri ed il viso paonazzo dalla commozione; intanto mio nonno se la godeva un mondo. Stetti tutto il giorno dietro l’agnello, la sera presi una "bizza" fenomenale perché lo volevo portare a dormire con me e tutta la notte mi rivoltai nel letto sognando che me lo volevano rubare. La mattina di Pasqua mi intrufolai in cucina soffermandomi molto sulla colazione, pescando ogni ben di Dio dalla cesta che mia madre aveva fatto benedire il giorno prima. Distratto dall' abbondante libagione mi rammentai tardi del mio agnellino e corsi in campagna a cercarlo, sul prato, nella stalla, dai conigli e persino nel pollaio, ma non lo trovai. Finalmente, passando per caso davanti la serranda del garage vidi una cosa che mi lasciò gelato dallo spavento. Il mio agnellino, barbaramente sgozzato, pendeva da una corda attaccata ad un gancio e mio nonno si preparava a spellarlo. Non riuscii a proferir parola... Pensai all' "Agnello di Dio", ai peccati rimessi, ai discorsi di Don Paolo del giorno prima finche un groppo improvviso mi serrò la gola. Fuggii nel pagliaio a piangere disperatamente su quella prima rivelazione dell’umana menzogna.

                  Vittorio Camacci

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